Un team di ricerca internazionale, composto dall’Istituto di Bioingegneria della Catalogna (IBEC) e dall’Ospedale Universitario di Sichuan in Cina, ha sviluppato una nuova terapia per l’Alzheimer. Questa innovativa soluzione è in grado di ridurre significativamente i proteine tossiche associate a questa malattia nei cervelli dei topi in poche ore. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Signal Transduction and Targeted Therapy.
ripristino della barriera emato-encefalica
Nei pazienti affetti da Alzheimer, si verifica un’accumulo di placche proteiche chiamate Amyloid beta (Aβ), le quali compromettono la funzionalità delle cellule nervose. Le ricerche precedenti hanno cercato di superare la barriera emato-encefalica mediante l’uso di nanoparticelle per veicolare farmaci al cervello.
Il gruppo di ricerca ha adottato un approccio innovativo, considerando la barriera emato-encefalica come un tessuto disfunzionale da riparare piuttosto che come un ostacolo da superare. Sono state create nanoparticelle bioattive denominate supermolecolari, che non fungono solo da vettori per i farmaci ma possiedono anche proprietà terapeutiche intrinseche.
risultati promettenti dopo un’ora
I ricercatori hanno progettato queste nanoparticelle per interagire con il recettore LRP1, normalmente responsabile del trasporto dell’Aβ attraverso la barriera emato-encefalica. Nella malattia Alzheimer, questo sistema di rimozione risulta compromesso, causando l’accumulo dell’Aβ.
Utilizzando topi geneticamente modificati che producono elevate quantità di Aβ e mostrano sintomi simili all’Alzheimer, il team ha somministrato tre iniezioni delle nanoparticelle e monitorato l’evoluzione della malattia. Già dopo la prima somministrazione, si è osservata una riduzione dell’Aβ nel cervello tra il 50% e il 60%. Dopo tre somministrazioni complessive, le placche Aβ sono diminuite quasi del 45%.
recupero cognitivo duraturo
Un aspetto particolarmente interessante riguarda il miglioramento delle funzioni cognitive. I ricercatori hanno trattato topi adulti (corrispondenti a circa 60 anni umani) con le nanoparticelle e sei mesi dopo hanno effettuato test comportamentali. I risultati indicano che i topi più anziani (equivalenti a circa 90 anni umani) hanno recuperato performance paragonabili a quelle dei soggetti sani nei test di apprendimento spaziale e memoria.
Nonostante questi animali avessero mostrato segni iniziali di declino cognitivo prima del trattamento, gli effetti positivi sono stati mantenuti per almeno sei mesi successivi alla terapia.
necessità di validazione nell’uomo
I membri del team evidenziano che le nanoparticelle agiscono simulando i ligandi del LRP1 per legarsi all’Aβ e attraversare la barriera emato-encefalica, avviando così il processo di rimozione delle sostanze tossiche dal cervello e ripristinando la funzionalità del sistema vascolare.
Sebbene questa ricerca sia attualmente limitata agli studi su animali, resta incerta la possibilità che tali effetti terapeutici possano essere replicati negli esseri umani affetti da Alzheimer. Lo studio rappresenta un passo avanti significativo nello sviluppo di nuove strategie terapeutiche mirate alla riparazione della barriera emato-encefalica per eliminare le proteine Aβ nocive.
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