Indagine antitrust europea sulle regole anti-spam di google

Recenti sviluppi in Europa hanno portato a nuove indagini su Google, con particolare attenzione alle sue politiche di contrasto allo spam nei risultati di ricerca. Le preoccupazioni sono emerse dopo le segnalazioni da parte di una coalizione di aziende mediatiche e editori. Di conseguenza, la Commissione Europea ha avviato un’indagine antitrust riguardo alla politica anti-spam di Google, nota come “abuso della reputazione del sito”, finalizzata a migliorare la qualità dei risultati delle ricerche.

Indagine antitrust dell’UE su Google: editori sostengono che la politica anti-spam danneggi i ricavi

Molti editori considerano questa politica come una minaccia al loro modello di business. Sostengono che quando i loro siti ospitano contenuti provenienti da partner commerciali—una pratica comune e legittima per generare entrate—la politica contro lo spam di Google può penalizzare ingiustamente il loro contenuto informativo nei risultati delle ricerche.

La commissaria antitrust dell’UE, Teresa Ribera, ha espresso preoccupazione riguardo a queste dinamiche. Ha dichiarato che le regole di Google potrebbero non garantire un trattamento “equo, ragionevole e non discriminatorio” per gli editori. L’indagine mira a garantire che questi ultimi non perdano ricavi significativi, un aspetto cruciale nel contesto economico attuale che colpisce l’industria dei media.

L’impatto del Digital Markets Act sulla questione

Questa indagine assume un’importanza notevole poiché rientra nell’ambito del Digital Markets Act (DMA). Tale normativa rappresenta un ampio intervento legislativo dell’UE volto a limitare il potere di mercato delle principali piattaforme tecnologiche. Se la Commissione Europea dovesse riscontrare violazioni da parte di Google rispetto al DMA, l’azienda potrebbe affrontare sanzioni pecuniarie considerevoli—fino al 10% delle vendite annuali globali.

Google ha contestato fermamente l’indagine. Pandu Nayak, scienziato capo per Google Search, ha definito l’iniziativa “inappropriata”, sostenendo che possa compromettere la qualità dei risultati per milioni di utenti europei. Ha inoltre ricordato che una corte tedesca aveva precedentemente respinto una richiesta simile, stabilendo che la politica adottata da Google era valida e ragionevole.

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